Nadia Rossi: “Mentre in Francia l’aborto entra in costituzione, in Italia una legge che tutela la scelta delle donne c’è e in Emilia-Romagna viene applicata, ma non è così in tutto il Paese: ecco perché bisogna monitorare ed informare con trasparenza”
“È passato da qualche settimana l’otto marzo che la Francia ha festeggiato inserendo il diritto all’aborto in Costituzione. In Italia invece si continua solo a parlare e soprattutto delle donne, del loro corpo, delle loro scelte. È comunque una buona notizia che ci sia un dibattito, ma a me piace quando le parole diventano realtà. – spiega la consigliera dem Nadia Rossi, che ha depositato un’interrogazione alla Giunta regionale emiliano-romagnola sul diritto all’interruzione volontaria di gravidanza in Regione e nel Paese – Ho presentato questo testo perché la legge 194 del 1978 esiste e tutela le donne nell’accesso all’aborto, ma non è correttamente applicata in tanti territori, ad esempio nei territori amministrati da Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia. È così nelle Marche, è così in Molise e in Umbria, dove tra politiche sanitarie regionali e medici obiettori, le donne sulla carta hanno un diritto il cui esercizio nella concretezza è ostacolato in tutti i modi”. “Credo sia opportuno richiamare l’attenzione su un diritto previsto formalmente dalla legge italiana ma che non è garantito in modo uniforme e universale in tutte le strutture ospedaliere e le regioni italiane. – richiama Nadia Rossi, che aggiunge – I dati aggregati ci dicono che in Emilia-Romagna, dove la Regione da anni monitora l’andamento degli interventi di interruzione volontaria di gravidanza e l’incidenza di sanitari che si avvalgono dell’obiezione di coscienza sia negli ospedali che nei consultori del territorio, il trend delle interruzioni è in diminuzione così come il numero degli obiettori”. La consigliera dem continua: “Nello specifico, nei dati riguardanti il 2021 e pubblicati a fine 2022 in Emilia-Romagna si registrava un -6% rispetto all’anno precedente, per un totale di 5.671 interruzioni, il dato più basso dal 1980, anno in cui hanno avuto inizio le rilevazioni nel ricorso all’IVG. Anche il dato delle obiezioni di coscienza tra i medici ostetrici-ginecologi sta calando: nelle strutture sanitarie che praticano IVG, l’incidenza dell’obiezione di coscienza tra il personale dipendente ha riguardato meno della metà dei medici ostetrici-ginecologi (45,6%) e meno di un terzo dei medici anestesisti (27,5%), in calo rispetto ai due anni precedenti, con una grande variabilità tra le Aziende. Ancora inferiore, è la percentuale di personale non medico che ha presentato obiezione nel 2021, pari al 17,1% (18,8% nel 2020). Ma questi dati non sono omogenei in tutta Italia, dove si incontrano picchi del 70% di medici obiettori e dove per alcune donne è praticamente impossibile ricorrere a questo diritto attraverso le strutture del proprio territorio – commenta Rossi, che continua – per questo ho deciso di chiedere dati aggiornati al 2023 alla mia Regione, per poi farci portavoce, come territorio, della necessità di espandere l’esigibilità del diritto a livello nazionale. Ad esempio partendo dal sollecitare la pubblicazione di una più recente Relazione di attuazione della legge 194 del 1978 da parte del Ministero della Salute. Quella attuale risale ai dati di due anni fa e la cronaca ci dice che ci sono ospedali e Regioni in cui ormai è diventato impossibile abortire. Una situazione intollerabile in uno Stato che rispetta le donne e i loro diritti” aggiunge Nadia Rossi. “Partirei da qui, ancor di più da quando partiti di destra sono al Governo nazionale e c’è una Ministra della Famiglia come Eugenia Roccella che a fronte di dati non dignitosi sull’accesso all’aborto ha la presunzione di dichiarare che i medici non obiettori nel nostro Paese sono sufficienti, quando le testimonianze delle donne raccontano un’altra storia. Mentre in Francia il diritto diventa costituzionale, alla Camera dei deputati arriva la discussione di una legge di iniziativa popolare che obbliga le donne ad ascoltare il battito del feto prima di interrompere la gravidanza. Da dove partire, davanti a questa privazione di diritti? Partirei dai dati delle IVG da rendere di dominio pubblico in tutte le Regioni. Dal verificare che nei territori siano applicate le linee guida nazionali sulla pillola RU486, che in Emilia-Romagna è somministrata già in Day Hospital da anni e dal 2023 anche nei consultori regionali. Dal garantire, senza nascondersi o confondere le acque, un diritto come l’aborto che le donne chiedono e vogliono. Stiamo dalla loro parte” conclude la consigliera.