Codice ristretto per i diritti dei detenuti. La consegna oggi al Carcere di Rimini e negli altri istituti penitenziari dell’Emilia-Romagna
Nadia Rossi (Pd): “Quello di oggi non è solo un simbolo, ma l’impegno concreto della Regione e di tutta la comunità per la tutela della dignità delle persone fuori e dentro le carceri. C’è tanto da fare, lo sappiamo. A cominciare dal sovraffollamento e dalle condizioni di vita dentro gli istituti italiani”
Oggi sono tornata al carcere di Rimini per consegnare, insieme a una delegazione guidata dal garante dei diritti dei detenuti locale Giorgio Galavotti, il Codice ristretto dei diritti dei detenuti. Un vademecum di facile lettura realizzato su iniziativa del Garante regionale dei detenuti con il sostegno della Regione Emilia-Romagna e che spiega ai detenuti quali sono i loro diritti e quali le pene alternative alla reclusione e le modalità per accedervi.
Un simbolo, certo, ma non solo.
Quella di oggi non è un’iniziativa spot, ma una tappa di un percorso che vede insieme le istituzioni locali e regionali, i garanti, le camere penali, il personale carcerario e i detenuti stessi per migliorare la vita in carcere e le occasioni di reinserimento sociale e lavorativo una volta che lo si lascia. L’ho detto ai detenuti che abbiamo incontrato oggi: serve l’apporto di tutti, compresi loro, per rendere la nostra società un posto migliore. E la pena, proprio come è previsto dalla nostra Costituzione, deve essere rieducativa. Se perde questa natura, non ha più significato se non quello repressivo, che però poco ha a che fare con una società sana.
Quella delle carceri è una realtà che a molti può sembrare avulsa della quotidianità: il primo passo da fare è quindi culturale. Serve tutelare la dignità della persona fuori e dentro gli istituti penitenziari, e serve allenare il tessuto sociale al reinserimento di chi per un motivo o per l’altro si è ritrovato ad essere detenuto.
Non mi sfuggono i problemi e i passi in avanti da fare. Uno fra tutti: il sovraffollamento delle carceri. Basti pensare che in Emilia-Romagna, a fronte di 2.979 posti, uomini e donne reclusi sono 3.725. Nell’ultimo anno sono cresciute di circa 300 unità. E davanti a questo quadro il pensiero va subito ai tanti, troppi suicidi, tra i detenuti e tra la Polizia penitenziaria, che ascoltiamo in cronaca e che è una sconfitta per tutti noi e per la dignità umana.
Le azioni da fare ci sono, a cominciare dal lavoro sulle strutture carcerarie: a Rimini ci sono progetti per la riqualificazione di due settori della casa circondariale e le recenti iniziative che hanno visto compatti i parlamentari del luogo nel chiedere al Governo di reperirle, fanno ben sperare nella loro riuscita. Dal punto di vista del reinserimento sociale, dal 2023 in Emilia-Romagna abbiamo attivato un progetto triennale finanziato da Cassa delle Ammende e Regione, che punta proprio a realizzare interventi volti proprio all’inclusione. Quella di Rimini è una struttura che offre molte opportunità in questo senso. Ma non significa che sia sufficiente e, soprattutto, che si possa accettare che altre realtà siano invece estremamente penalizzanti per chi vi è ospitato e per chi vi lavora.
L’impulso politico resta fondamentale per trasformare in risposte concrete queste necessità. Per questo il mio impegno su questi temi, per i diritti dei detenuti e per migliorare, insieme ai tanti soggetti che operano attorno al carcere, il futuro di un pezzo integrante della nostra comunità è e resta invariato.