Apologia del fascismo. Una mia risoluzione chiede di estendere il reato alla vendita di gadget e prodotti che evocano il regime

Basta con l’approccio folkloristico, questi prodotti hanno funzione propagandistica.

Agire in tutte le sedi più opportune perchè il reato di apologia di fascismo (previsto all’articolo 4 della cosiddetta legge Scelba) sia integrato anche con riferimento alla vendita e diffusione di beni, gadget o oggetti vari con immagini del regime fascista e nazista, in tutte le differenti modalità in cui essa può avvenire. E’ quanto chiede la mia risoluzione presentata dal Pd in Regione,  sottoscritta anche dai gruppi di Sel e de L’Altra Emilia-Romagna, che invita la Giunta ad attivarsi perchè il reato di apologia del fascismo venga integrato e inserito nel codice penale, prevendo la repressione di reati specifici legati alla riproduzione di atti, linguaggi e simboli del nazifascismo.

La vendita di gadget, beni di consumo e altro ancora che ritraggono immagini e simbologia dei regimi fascisti e nazisti non può essere derubricata a mero fenomeno di costume. Peggio ancora sarebbe arrendersi all’abitudine e vedere certe immagini in vetrina o tra i banchi dei mercatini, senza provare fastidio se non indignazione.

Emerge la necessità di aggiornare la normativa nazionale. Una necessità condivisa a livello parlamentare da due proposte di legge targate PD: una dei deputati romagnoli Lattuca, Di Maio e Arlotti sottoscritta in questi giorni che ha l’obiettivo di rendere esplicitamente illegale la produzione e vendita di oggetti, gadget e souvenir fascisti; l’altra del deputato Fiano e altri, che chiedono l’inserimento del reato di propaganda del regime fascista e nazista nel codice penale.

I tentativi di sminuire questo dibattito, derubricando il tema come secondario  e non prioritario, vanno rispediti al mittente. E’ sufficiente guardare all’Europa e al nuovo vigore di movimenti nazionalisti che spesso richiamano gli ideali di certi regimi, per capire come l’argomento sia di estrema attualità e abbia dirette implicazioni culturali.

Ritengo quindi opportuno che anche la Regione, per quanto di sua competenza, faccia la propria parte, sostenendo la necessità di contrastare la diffusione propagandistica di tutto ciò che possa avere richiami a principi, fatti e metodi di un passato già sconfitto dalla storia.

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