Nadia Rossi (Pd): “8 marzo, la donna sia messa al centro dello sviluppo economico e sociale del Paese nella ricostruzione post-Covid”
Martedì 9 marzo in Assemblea la discussione sull’istituzione del reddito di libertà proposto dalla consigliera. “Un supporto urgente da accompagnare a progetti individuali per sostenere le donne vittime di violenza”
Questo 8 marzo ha un valore particolare. La giornata internazionale della donna, a dodici mesi dall’esplosione della pandemia, ha inevitabilmente un significato diverso, se possibile ancora più profondo. E può essere l’occasione, ancora una volta, per ricordare come l’emergenza sanitaria abbia aggravato quei fenomeni già endemici della nostra società e che penalizzano le condizioni delle donne negli ambiti lavorativi e nei contesti famigliari. L’8 marzo è il pretesto per ricordare come nella crisi occupazionale legata al Covid a pagare siano state soprattutto le donne. L’ultima conferma arriva da uno studio condotto dai consulenti del lavoro, che ha registrato come tra aprile e settembre 2020, i posti di lavoro persi da donne sono stati 402mila: un calo che nel nostro Paese è doppio rispetto alla media Ue. Per ogni posto di lavoro perso da un uomo, ce ne sono quasi 100 volte tanti persi da donne, soprattutto nei settori che impiegano tradizionalmente le donne, come il commercio, la ristorazione e i servizi.
Poi ci sono le donne in prima linea: le dottoresse, le infermiere, il personale sanitario, le insegnanti e le educatrici, che ogni giorno accettano la sfida della propria missione educante in condizioni inedite. Così come è stato dopo il secondo conflitto mondiale, dove le donne hanno avuto un ruolo di primo piano nella ricostruzione post- bellica, così potranno essere decisive quando avremmo vinto la guerra col Covid. Le donne devono essere centrali per progettare il futuro sociale ed economico da lasciare alle prossime generazioni.
Ma serve un cambio di passo culturale che sembra ancora lontano dall’arrivare. Come dimostrano altri numeri, quelli delle donne vittime di violenza. In Italia i dati Istat mostrano che il 31,5% delle donne ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Nei primi due mesi dell’anno sono già state uccise dodici donne, come Ylenia a Faenza o Sonia, riminese acquisita morta nel leccese. Violenze che avvengono all’interno delle mura domestiche o per mano di ex compagni o mariti incapaci di accettare l’individualità, l’emancipazione, l’autodeterminazione delle donne e che tentano con mezzi estremi di soggiogarle al loro volere.
Questo 8 marzo pensiamo Ylenia, Sonia, Roberta, Clara e parliamone. Così come faremo martedì 9 marzo in Assemblea Legislativa, quando discuteremo della risoluzione che ho presentato per chiedere ancora una volta azioni concrete e mirate per le donne e i minori vittime di violenza. A partire da quella che ritengo una misura necessaria e non più rinviabile, l’istituzione del reddito di libertà che consenta alle donne vittime di violenza di riprendersi in mano le proprie vite, e che deve essere supportato da un progetto personalizzato che promuove l’autonomia e l’indipendenza personale, sociale ed economica. Perché è questo che serve, dare alle donne gli strumenti per essere libere. Non solo l’otto marzo, ma tutti i giorni”.