Violenza sessuale a Rimini: mettere un freno anche alla violenza verbale.
Un doveroso grazie a tutte le Forze dell’Ordine, alla Procura, al Questore Improta e a tutti coloro che hanno collaborato per individuare i quattro colpevoli di una violenza bestiale, di una ferocia disumana, che è stata commessa a Rimini la settimana scorsa contro tre persone indifese. Una donna, una trans, un uomo.
Negli ultimi mesi, violenze sessuali e stupri di gruppo si son susseguiti da Torino fino a Fiumicino, dalla Brianza alla Puglia.
Predatori e prede. Perchè, non voglio dimenticare che nel dibattito pubblico che è seguito, presto divenuto uno scontro senza esclusione di colpi tra tesi contrapposte, le persone, i loro sentimenti e i loro stessi corpi violati, scompaiono. Restano i predatori e le prede. L’umanità, l’individualità delle vittime è cancellata. Asservita a fini e scopi altrui.
In questa interminabile diatriba, che da giorni avvelena qualsiasi luogo virtuale o reale di confronto, le vittime quindi hanno subìto quest’altra violenza. Quella di diventare inconsapevoli e riluttanti bandiere agitate da chi non avrebbe mai (e infatti così è stato) riservato la stessa attenzione ad episodi di pari gravità ma con caratteristiche che non sarebbero state politicamente utilizzabili. Le vittime sono strumenti, utilizzate per dimostrate le proprie tesi, virare il consenso. Sono micro stupri, ma sempre tali.
Le violenze sessuali in Italia sono, purtroppo, all’ordine del giorno, così come i femminicidi. E i dati riportati anche ultimamente dalla stampa nazionale, sono lì a dimostrarlo. Sono delitti d’odio, quello stesso inaccettabile, livido odio che traspare, in questi giorni, da tanti post, da tanti commenti.
A questo credo, per iniziare, che tutti dovremmo porre un limite: certo, se è vero che ci importa, che ci interessa la vita e la sofferenza di queste persone e non invece utilizzarle per i nostri fini. E’ tutto ciò che insieme, tutti e subito, possiamo fare, invece di rendere la loro storia serva e strumento delle nostre paure. Ben vengano i piani antiviolenza e ogni misura di sostegno possibile per le vittime degli abusi, ma l’altra violenza a cui mettere un freno è quella verbale. Quella che alimenta e arma l’odio.
Condivido la volontà del mio Comune e della mia Regione di costituirsi parte civile, ora che la giustizia faccia rapidamente il suo corso in questo caso e in tutti quelli, altrettanto odiosi, che riguardano episodi di violenza sulle donne.