Violenza sulle Donne.

Da inizio 2016 oltre sessanta donne in Italia sono state massacrate per mano di chi diceva di amarle. È un numero inquietante a cui non è possibile né accettabile abituarsi o arrendersi. Quella che oggi Michele Serra su Repubblica definisce “la jihad di casa nostra che uccide le donne libere” lascia inorridite.

Dopo le lacrime e l’indignazione, è arrivato il momento di tradurre l’allarme per questo orrore continuo in fatti concreti.

Ben venga la cabina di regia del Piano straordinario contro la violenza sessuale e di genere convocata dalla ministra Maria Elena Boschi, ma non basta sedersi intorno a un tavolo, servono sostegni strutturali ad una lotta, quella contro la violenza di genere, che va combattuta con tenacia.

Il momento più difficile per una donna che subisce violenza, probabilmente, è quello della presa di coscienza di quanto le sta capitando e di come sia necessario porre termine ai soprusi. Le donne devono poter sapere che possono rivolgersi a una rete che, con professionalità e comprensione e senza giudicarle in alcun modo, possa farsi carico della situazione ed aiutarle in un difficile percorso di uscita dalla violenza e di reinserimento sociale e psicologico. Dobbiamo mettere a loro disposizione strutture preparate e pronte. Senza ipocrisia, parlarne e basta non è sufficiente!

È Il momento di ascoltare chi ogni giorno è al fianco delle vittime di soprusi, intimidazioni, aggressioni. Mi riferisco ai centri antiviolenza che svolgono un ruolo fondamentale per far emergere molte situazioni gravi prima che diventino irreparabili. Anche nella nostra regione sono attivi su più fronti e operano con costanza grazie ad una splendida rete di volontari e volontarie.

Per garantirne l’operatività servono però più fondi e più sicurezze: non è ammissibile che ancora ad agosto le Regioni non sappiano a quanto ammontino le risorse che hanno a disposizione per distribuirle ai centri. I centri antiviolenza hanno bisogno di garanzie per poter proseguire nel loro lavoro o ancora fare una programmazione a medio termine delle attività a sostegno delle donne che hanno bisogno di aiuto.

Un altro aspetto da non sottovalutare, è quello della promozione della cultura dell’eguaglianza e del rispetto tra i generi. Il primo passo per consolidarla, va fatto nel settore dell’educazione scolastica. Oggi questo argomento è lasciato troppo spesso alla buona volontà di singoli insegnanti. La condivisione e l’ascolto reciproco tra mondo della scuola e rete antiviolenza penso che sia un passaggio utile e fondamentale per inserire specifici focus nei programmi scolastici e costruire, grazie al lavoro con i giovani, una comunità dove la violenza non trova spazio.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *